Centering Orality in the Music History Classroom
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2039-9715/20908Parole chiave:
Oralità, Arte effimera, Scrittura, Pedagogia, Storia della musica anticaAbstract
Storicamente, la ricerca musicologica e la pedagogia musicale hanno privilegiato la documentazione scritta, per ovvie ragioni. Benché la musica stessa sia un’arte effimera, il nostro lavoro di storici e insegnanti richiede una documentazione precisa, e per documentare qualcosa è necessario scrivere. Le storie della musica medievale e della prima età moderna, in particolare, tendono a concentrarsi sulle testimonianze scritte in modo più accurato e più splendidamente decorate: oggetti preziosi, realizzati dalle comunità economicamente e politicamente più potenti dell’epoca e ad esse destinate. Ma che cosa perdiamo quando ci concentriamo sulle forme più ricche di scrittura, escludendo tutto il resto? E che dire delle migliaia di altre persone che hanno cantato, danzato e suonato nelle varie tradizioni, lingue e culture del mondo medievale e della prima età moderna? Come possiamo cambiare il nostro approccio alla ricerca e all’insegnamento in modo da riportare al centro queste voci marginalizzate? La risposta che propongo nel mio saggio risiede in uno studio più attento delle tradizioni musicali orali, non solo come anticipatrici di quelle scritte, ma come pratiche a sé stanti, autosufficienti e durature del fare musica. E questo studio, come sosterrò, presuppone che noi riconosciamo esplicitamente, tanto nella nostra ricerca quanto nel nostro insegnamento, il fatto che la storia raccontata dalle fonti scritte esistenti è incompleta e spesso distorta. Nella discussione di questi temi, presenterò un breve esempio pedagogico di come ho messo al centro le questioni dell’oralità nella classe di storia della musica antica, mettendo insieme una documentazione scritta che include descrizioni storiche con testimonianze iconografiche e raccolte di opere musicali con e senza notazione.
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