Guido d’Arezzo e il dirozzamento degli «stupidi cantori»
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2039-9715/20918Parole chiave:
Guido d’Arezzo, Musica medievale, Canto gregoriano, Notazione neumatica, Notazione alfabeticaAbstract
Lo sviluppo e il rigoglio della musica d’arte europea sono stati resi possibili in primis dall’“invenzione” della scrittura musicale. A sua volta questo ritrovato rispondeva a un intento di natura politico-culturale: assicurare su tutta l’estensione dell’impero carolingio l’uniformità del canto liturgico della chiesa latina (il cosiddetto canto gregoriano). Lo studio e la comprensione di questo processo sono presupposti indispensabili per chi voglia darsi ragione del formidabile potere espansivo poi dispiegato, sull’arco dei secoli, dall’arte musicale dell’Occidente. Le fasi cruciali sono ben note: l’introduzione della scrittura neumatica, praticata in forme disparate a partire dal sec. IX; e l’invenzione, da parte di Guido d’Arezzo (sec. XI), di un sistema di scrittura che consentisse di determinare in maniera univoca l’altezza delle note. Quest’ultimo sviluppo rispondeva a una preoccupazione pedagogico-didattica: il monaco pomposano puntava a dirozzare gli «stupidi cantori», alleviandoli dal defatigante impegno di mandare a memoria il repertorio gregoriano, uno sforzo che li distoglieva tanto dal culto divino quanto dallo studio della letteratura sacra e profana. In una ‘trasmissione del sapere’ che non voglia scadere nel mero nozionismo evoluzionistico, e però non voglia fraintendere come bieca prepotenza ‘imperialistica’ l’aspirazione uniformatrice sottesa – a distanza di due secoli – tanto alla scrittura neumatica quanto all’invenzione del rigo musicale, il processo andrà letto alla luce del programma educativo molto plasticamente dichiarato da Guido d’Arezzo nell’Epistola ad Michaelem.
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