La musica dei classici viennesi nella coscienza collettiva e agli occhi della ricerca: un’incomprensione vicendevole?
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2039-9715/4306Abstract
La cultura presuppone la comprensione storica. Non c’è insegnamento di grammatica, di religione o di musica senza tracce della storia. Tuttavia la storia, a dispetto della bella definizione di Leopold von Ranke, non ha alcunché d’oggettivo, e ancor meno ne hanno i suoi verdetti. La storia, si sa, è un costrutto intellettuale. All’edificazione di questo costrutto, nonché alla sua trasmissione – anche alla “trasmissione del sapere musicale”, il nostro tema – prendono parte istanze assai diverse, di certo non la sola ricerca storica.
Per la storia della musica dobbiamo fare i conti con tre diverse istanze:
(a) la corporazione dei musicisti, nel gergo della loro oralità;
(b) la comunità scientifica, nella sua produzione editoriale, nel suo magistero accademico;
(c) l’opinione pubblica, nel condizionamento derivante dai mass-media.
Tra (b) e (c) si pone inoltre la scuola. Essa deriva la propria autocoscienza dalla ricerca; molto più della comunità scientifica, tuttavia, è chiamata a confrontarsi con l’opinione pubblica.
Le visioni della storia differiscono tra loro, com’è lecito aspettarsi, e mutano di epoca in epoca: è ciò che intendo mostrare con un esempio da manuale circa la formazione del canone e la concezione teleologica della storia riferito ai classici viennesi.
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