Pedagogical-Didactic Implications in the Writings of Fedele d'Amico
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2039-9715/7623Parole chiave:
Pedagogia e didattica generali, Fedele d’Amico, problemi dell’educazione musicale in ItaliaAbstract
A Fedele d’Amico (1912-1990), critico militante e professore di Storia della musica nell’Università di Roma La Sapienza (1963-1988), non sfuggì certo il basso quoziente di cultura musicale diffusa tra gli studenti come tra la cittadinanza. In più occasioni il musicologo – giustamente apprezzato per l’acume critico, la vasta cultura e la vis polemica – intervenne in pubblico per stigmatizzare le gravi carenze dell’educazione musicale nelle scuole italiane, per caldeggiarne la riforma e il potenziamento, per perorare l’avviamento di giovani e adulti all’esercizio del canto corale e della musica da camera, ma anche per contestare le derive di taluni esponenti della cultura musicale à la page che puntavano a scardinare il (presunto) predominio della musica d’arte in direzione delle “altre musiche” (folklorica, etnica, di consumo), nell’illusione che ciò favorisse poi l’accostamento alla Nuova Musica.
Non mancò dunque a Fedele d’Amico la nitida percezione dei limiti e l’intelligenza dei gravi problemi che angustiavano l’educazione alla musica nel nostro Paese. Ma come per tanti altri musicologi e critici musicali italiani gli fecero difetto la conoscenza e il possesso delle categorie concettuali e operative delle scienze dell’educazione. Talché non vi poté essere alcun dialogo con i colleghi cultori di Pedagogia e di Didattica generale, a loro volta perlopiù latitanti o diffidenti nei confronti di una disciplina, l’educazione musicale, che ai loro occhi appariva enigmatica e comunque marginale. Questo mancato confronto non ha giovato alle sorti dell’educazione musicale, ha anzi lasciato libero campo a una didattica della musica fin troppo indulgente verso il dilettantismo e lo spontaneismo, e però scarsamente efficace nell’elevare il livello della cultura musicale nella popolazione.
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