La musica corale nel Ventennio. Convergenze e intersezioni fra pedagogia, musicologia e musica d’arte
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2039-9715/18620Parole chiave:
Musica corale, Fascismo, Polifonia vocale, Opera nazionale, VentennioAbstract
Molte volte è stato sottolineato come nel progetto totalitario fascista, inteso a creare un “uomo nuovo”, la musica corale abbia avuto un ruolo di non secondaria importanza (cfr. ad es. Gentile 1993, Tarquini 20162, Bernhard e Klinkhammer 2017). Inserito dalla riforma Gentile (1923) fra gli insegnamenti obbligatori delle scuole elementari, della scuola secondaria di primo grado, e dei corsi degli istituti magistrali, la pratica del canto corale venne introdotta anche nell’ambito dell’Opera Nazionale Balilla, dell’Opera Nazionale del Dopolavoro, e nelle molteplici manifestazioni pubbliche del regime (cfr. ad es. De Felice 1974; Scalfaro 2014). Pur non essendo questa la sede adeguata per ripercorrere e valutare il decorso dell’insegnamento della polifonia vocale nelle scuole e accademie italiane in quest’epoca, né la sua funzione educativa – o meglio “rieducativa” in senso fascista – all’interno delle “Opere nazionali”, si può nondimeno affermare che il suo impatto sulla cultura italiana non è stato minimo. Circoscrivendo il campo d’indagine, ciò che si vuole mettere in luce attraverso la presente ricerca è il ruolo giocato da questa rinnovata attenzione pedagogica, socio-culturale e politica verso il canto corale all’interno dei contemporanei discorsi musicologici e della pratica compositiva d’arte; e nell’evidenziare quali siano state le interazioni fra pedagogia, teoria e pratica della musica – e quale ne sia stata l’eventuale portata. Attraverso questa breve indagine potranno scaturire ulteriori percorsi di ricerca non solo in prospettiva storiografica ma anche all’interno dell’odierna riflessione sulle intersezioni fra musicologia, composizione colta e pedagogia musicale.
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