Presentism, Empire, and Nineteenth-Century Music
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2039-9715/20906Parole chiave:
Presentismo, Storia della musica, Musica e musicisti italiani, MigrazioneAbstract
Per molti storici, soprattutto per quelli statunitensi, il presentismo è diventato uno dei temi più controversi degli ultimi vent’anni. E quello che era iniziato come un dibattito civile è diventato, nell’acceso clima intellettuale/culturale dell'ultimo decennio, particolarmente conflittuale, costringendo oggi gli storici a prendere pubblicamente posizione e a considerare attentamente l’impatto che potrebbe avere sulle loro carriere. A seguito di una reazione ostile al suo articolo di opinione intitolato Is History History? e pubblicato nell’agosto 2022, il professore dell’Università del Wisconsin e presidente dell’Associazione Storica Americana James H. Sweet ha presentato «scuse servili» (per citare l’editorialista del «New York Times» Bret Stephens) – in parte influenzate dal timore di una possibile revoca dell’imminente incontro annuale dell’Associazione.
Ma qual è l’impatto del presentismo sulla ricerca musicale? Molte delle preoccupazioni sollevate da Sweet, Stephens e altri appaiono rilevanti tanto per la musica quanto per la storia. In quanto studiosi e storici della musica, l’influenza del presentismo ci porterà a evitare argomenti che confliggono con le preoccupazioni politiche dominanti del momento o, quanto meno, a evitare di porre domande che potrebbero portare a conclusioni problematiche? In questo saggio affronto alcune di queste domande con riferimento a un progetto di ricerca in corso sui De Angelis, famiglia di musicisti ed educatori siciliani che a metà del XIX secolo, grazie all’esercito britannico, approdarono in Nord America.
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