"Di vedere e non vedere": lo spettatore all'opera
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2039-9715/2019Parole chiave:
melodramma, didattica, ascolto,Abstract
Fresco di qualche spettacolo, o riflettendovi a freddo, mi sono chiesto più d’una volta: di un melodramma del passato, perché trovo indispensabile che oggi si restituisca in palcoscenico un testo letterario-musicale storicamente e filologicamente accertato, e non ho invece la medesima esigenza sul piano visivo? Oppure: perché, nella riproduzione domestica di un’opera, preferisco ascoltare alla cieca un cd, immaginandone la dimensione scenica, piuttosto che vederne un’esplicita realizzazione in dvd? (A scanso di equivoci: nel pormi il primo di questi due interrogativi non mi riferisco a quella che molti, ma impropriamente, chiamano ‘esecuzione filologica’; la filologia ha come punto d’arrivo quello che per l’esecuzione è giusto il punto di partenza, ossia proprio il testo accertato: sono dunque campi che confinano, ma hanno pertinenze diversissime.)Downloads
Pubblicato
2011-09-18
Come citare
Fabbri, P. (2011). "Di vedere e non vedere": lo spettatore all’opera. Musica Docta, 1(1), 1–10. https://doi.org/10.6092/issn.2039-9715/2019
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